UK, CRISI DELLA SUPPLY CHAIN E VISTI DI INGRESSO
La peggiore crisi della catena di approvvigionamento della Gran Bretagna dagli anni ’70, scaffali vuoti in negozi e supermarket, ristoranti che esauriscono velocemente cibo e bevande; per l’economia UK, il tracollo seguito a Brexit e pandemia necessita di misure urgenti e rapide.
Aumento dei prezzi dei beni di consumo, rallentamenti nella loro distribuzione ai consumatori finali, difficoltà legate all’espletamento delle formalità doganali, ritardi amministrativi nella gestione delle operazioni. Il governo britannico, posticipando, con grande disappunto unionale, la vigenza dei controlli doganali, anche da e verso l’Irlanda del Nord, ha tentato di porre un rimedio ai disagi da tutti previsti. Ma, forse, ha sottovalutato un elemento: gli effetti devastanti conseguenti al venir meno, sul territorio britannico, di lavoratori comunitari. Ad agosto, i sondaggi sull’industria manifatturiera hanno rivelato la peggiore crisi della catena di approvvigionamento britannica almeno dal 1977; i rivenditori denunciano livelli di scorte crollati al livello più basso dall’inizio degli anni ’80; La Federazione delle piccole imprese ha denunciato divari di competenze nei settori del trasporto merci, dell’edilizia, dell’assistenza e del tempo libero. La risposta del governo? “Il popolo britannico ha ripetutamente votato per porre fine alla libera circolazione e riprendere il controllo del nostro sistema di immigrazione. I datori di lavoro dovrebbero investire nella nostra forza lavoro domestica, invece di fare affidamento su manodopera dall’estero”.