NON IMPUGNABILE IL DINIEGO DI AUTOTUTELA
La pubblica amministrazione ha sempre la possibilità di annullare gli atti, dalla stessa emanati, illegittimi o infondati; fin dal 1994 il potere di annullamento in autotutela è stata riconosciuto dal legislatore italiano. Tale potere può essere esercitato d’ufficio o su istanza di parte: e se l’istanza viene rigettata? Quali mezzi di impugnazione sono concessi?
“Questa Corte, con orientamento ormai consolidato e con riguardo al contenzioso tributario, ha affermato che, il sindacato del giudice sul provvedimento di diniego dell’annullamento in sede di autotutela dell’atto tributario divenuto definitivo è limitato all’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute, dovendo invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione del provvedimento di diniego proposta dal contribuente che contesti vizi dell’atto impositivo per tutelare un interesse proprio ed esclusivo”. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, che aveva quale protagonista proprio l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha risposto al quesito; o, meglio, ha ribadito una prospettazione ormai consolidata nella sua giurisprudenza. In sostanza: la parte non può, impugnando il diniego di autotutela dell’atto emesso dalla pubblica amministrazione, eccepire motivi di merito afferenti al provvedimento impositivo originario, il cui termine di impugnazione avanti la giurisdizione tributaria potrebbe essere ormai decorso, perchè ciò significherebbe privare di significato giuridico proprio tale termine. Il ricorrente può solo prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale alla rimozione dell’atto. Contro il diniego, possono dedursi solo profili di illegittimità di tale atto.