08 Gennaio 2024

LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE NEL SISTEMA ETS

Il trasporto marittimo svolge un ruolo essenziale nell’economia unionale ed è una delle modalità di trasporto più efficienti dal punto di vista energetico; ma è anche una fonte importante e crescente di emissioni di gas serra. Nel 2018, queste ultime hanno raggiunto 1.076 milioni di tonnellate di CO2. Una soluzione? Il sistema ETS. Ma chi paga?
L’Emissions Trading System (ETS), è uno strumento chiave per ridurre le emissioni di gas serra in modo economicamente vantaggioso. Copre le emissioni di gas serra di circa 10.000 impianti del settore energetico e dell’industria manifatturiera, nonché degli operatori aerei che volano all’interno della UE e in partenza verso la Svizzera e il Regno Unito. Il volume complessivo di gas serra che possono essere emessi dalle centrali elettriche, dagli stabilimenti industriali e dal settore aeronautico coperti dal sistema di scambio delle quote di emissione è limitato da un cap al numero di quote di emissione. Nel rispetto di tale limite, le aziende ricevono o acquistano quote di emissione, che possono scambiare secondo necessità. Il limite diminuisce ogni anno, garantendo una riduzione delle emissioni totali. Dallo scorso 1° gennaio, il cap previsto dal sistema ETS si applica anche alle emissioni del trasporto marittimo. Le compagnie di navigazione devono acquistare e restituire (utilizzare) quote di emissione per ogni tonnellata di CO2 dichiarata; inizialmente, la restituzione avverrà solo per una parte delle emissioni comunicate l’anno precedente: 40% nel 2025, 70% nel 2026, 100% dal 2027 in poi. Fine senz’altro nobile, nonché occasione per rastrellare fondi; ma dopo Suez e gli Houthi, un altro onere per la merce (e per noi), sulla quale le compagnie devieranno i maggiori costi ambientali.

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