LA CORTE UE BACCHETTA LA COMMISSIONE
In una recente sentenza, la Corte di Giustizia UE ha disapplicato le regole di determinazione dell’origine non preferenziale, dettate dall’Allegato 22-01, Reg.to (UE) n. 2446/15 in ragione del loro contrasto con le disposizioni del Codice doganale unionale in materia di trasformazione sostanziale. Proviamo ad andare oltre il caso di specie.
Il casus belli, sollevato dal Tribunale tributario di Amburgo, è senza ombra di dubbio una regola di determinazione dell’origine non preferenziale, applicabile ai profilati cavi; la soluzione della Corte di Giustizia UE, che fonda la propria prospettazione sul principio di certezza del diritto sancito dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, oltre che sul Codice doganale unionale, ha natura anche politica, oltre che doganale. La Commissione UE, quando è chiamata ad emanare provvedimenti attuativi o applicativi di disposizioni di altre autorità unionali non può eccedere i poteri ad essa conferita; e qualora ciò accadesse, la giurisprudenza della Corte stessa evidenzierà tale contrasto e dichiarerà invalida la norma attuativa sottoposta al suo giudizio. Una sentenza, quindi, che dirime una questione di attribuzione di poteri tra enti unionali, il cui fondamento, oggi, è l’origine non preferenziale, ma domani ben potrebbe essere altro, in materia doganale, altro scritto dalla Commissione UE eccedendo i propri poteri. Tornando alla questione oggetto della sentenza, una affermazione fondamentale: “la tariffa doganale comune è stata concepita in funzione di esigenze specifiche, non già al fine di consentire la determinazione dell’origine delle merci”; orientamento ormai ben consolidato, che vede concetti e fini distinti nella trasformazione sostanziale e nel cambio di voce doganale.