03 Gennaio 2022
Esercizi semiseri di filosofia doganale
“…Viviamo in un’epoca di vuoto del pensiero…perché viviamo una crisi spaventosa del pensiero: persino e soprattutto coloro che sembrano i detentori della verità oggettiva, gli economisti che parlano di calcoli, non si rendono conto che i calcoli non sono sufficienti per comprendere tutti i problemi umani. Il calcolo è uno strumento ausiliario necessario, come le statistiche, i sondaggi e tutto il resto. Ma il punto è che sono tutti strumenti ausiliari di un pensiero assente o inserito in una serie di dogmi come i dogmi del neoliberismo…”. La manifestazione del genio è l’attitudine a spiegare, con parole semplici, concetti complessi; Edgar Morin è un genio della filosofia moderna, senza dubbio alcuno.
Quell’assenza di pensiero che permea la società civile, che ammorba le analisi di politica economica, di geografia politica, di psicologia del commercio internazionale mostra ancor più la sua virulenza in epoche estreme, di crisi identitarie, ancor prima che sociali, di derive pandemiche, di insipienze comunicative, di shock dei sistemi politici di ripartizione delle competenze e di acquisizione dei consensi. E così proviamo a individuare nuovi e accettabili modelli di equilibrio economico globale post pandemico, inerpicandoci in dotte analisi di economia comportamentale, per dare moderna immagine alla mano invisibile di Adam Smith, mentre la pandemia non è affatto uno spiacevole ricordo, bensì una pericolosa realtà. Un pericolo, forse, meno percepito, perché più diffuso, meno violento con la vita umana (almeno seguendo i calcoli dei rapporti percentuali poco amati da Morin), ma infinitamente più dannoso sul piano sociale, per le risibili divisioni apartitiche che sta determinando e per i possibili effetti devastanti sul futuro di aziende in via di lenta guarigione o, al più, convalescenti. Viviamo in un’epoca di vuoto del pensiero. L’universo doganale è un microcosmo che riflette vizi e virtù della realtà che lo circonda. Di più. È un microcosmo connotato dai geni dell’innovazione, del progresso accessibile, laboratorio di idee in grado di restituire il sorriso a chi ha sofferto due anni di iniqua guerra con un implacabile nemico invisibile (e, talvolta, ben visibile), di aiutare un domani non più possibile, ma probabile, dando veste di certezza a ipotesi razionali. Viviamo in un’epoca di vuoto del pensiero. E, allora, ci immergiamo nella reingegnerizzazione dei processi doganali, perseguendo con pervicace determinazione e gioendo con l’entusiasmo del bimbo per un successo telematico, per il corretto invio di una dichiarazione senza chiederci perché tutto ciò accada, senza indagare quali bisogni collettivi giustificheranno il misconosciuto sforzo informativo richiesto alle aziende. Ancora, assistiamo a un poderoso revirement della nostra Agenzia sulle modalità di applicazione del processo di importazione ai soggetti extra-UE, ne siamo doverosa divulgazione, senza chiederci perché è perché proprio ora. Ancora, prendiamo atto delle scelte geopolitiche del legislatore unionale, dei suoi continui interventi a presunta tutela dell’economia comunitaria o, forse, di qualche interesse particolare, senza sbirciare dietro il sipario. E lo stesso dica di per lo scenario economico e commerciale globale. Chiedersi il “perché” significa pensare; preoccuparsi del “come” significa agire. Nella società che corre veloce, la lentezza della riflessione non trova cittadinanza. La nostra sfida, da affrontare con speciale dedizione nell’anno prossimo a vagire? Elaborare un pensiero che sia azione, che germogli in se’ il seme dell’azione. Un pensiero che nasca dall’osservazione della realtà e a questa ritorni, per modificarla. Un pensiero che non sia un mero esercizio di stile, a prospettare scenari impossibili, ma espressione di una semiseria filosofia doganale, a disegnare panorami reali. In direzione ostinata e contraria, come sempre. Che il 2022 possa restituire a tutti noi il lume della ragione.
Paolo & Lucia