BREXIT, FU VERA GLORIA?

Il Trade & Cooperation Agreement tra UE e UK ha da poco compiuto due anni. Proviamo a guardarci indietro, a vedere se le affermazioni britanniche a sostegno della separazione avessero un fondo di verità; e proviamo a guardare avanti, a interpretare i segnali di un’economia britannica in precario stato di salute e di una politica turbolenta.

Parole sparse di Boris Johnson: finalmente non esisteranno più barriere commerciali, l’accordo consentirà alle imprese britanniche di far ancora più affari con le società unionali, la Brexit concederà a UK la libertà di sostenere le proprie industrie senza ostacolare il commercio con nessun altro Paese. E potremmo proseguire, la campagna pro-Brexit è piena di entusiastiche previsioni di libertà e autodeterminazione.

La storia, tuttavia, ci dice altro. La Brexit non ha portato, ad oggi, alcun vantaggio all’economia britannica, ancora dipendente in maniera decisiva dai rapporti commerciali con la UE; il deficit commerciale nel 2021 è salito a 43 miliardi di sterline, una crescita che accenna a diminuire, considerati i dati non definitivi del 2022, aiutato anche dalla notevole riduzione delle esportazioni di beni britannici; la Bank of England prevede un impatto negativo del divorzio dalla UE nei prossimi anni.

Il Primo Ministro Sunak sembra aver adottato un atteggiamento più cauto: ne sono testimonianza i previsti negoziati con la UE per modificare il protocollo sull’Irlanda del Nord, intervento che la stessa Unione europea ritiene necessario. Dimenticavamo: Johnson aveva promesso più di sessanta accordi commerciali, ma aveva dimenticato di dire che si trattava, per lo più, dell’estensione degli accordi UE, ora inapplicabili. Le bugie hanno le gambe corte e UK trema.

>> Tutto sulla Brexit e sulle ricadute doganali e degli scambi internazionali nel volume Brexit e Dogana, di Lucia Iannuzzi e Paolo Massari, edito da Giappichelli.